Esercizi contro la paura: per tornare ad apprezzare l’arte di stare in casa

Sono giorni difficili, ma anche facili, straordinari ma anche ordinari. Non era mai accaduto niente di simile prima d’ora e ci sentiamo spaesati, a tratti persi… eppure questo evento fuori dall’ordinario, ci sta dando la possibilità di riscoprire l’ordinario e l’importanza dei piccoli gesti quotidiani. Un po’ come quando osserviamo le montagne… ci sentiamo travolti da una sensazione straordinaria che ci riporta a noi stessi: noi, la natura e il silenzio incantato.

Per questo motivo, abbiamo scelto di scrivere per voi questi piccoli esercizi che tutti noi possiamo provare, perché sé è vero che questo contagio fa paura, è anche vero che una ricetta per affrontarlo c’è: stare in casa.

Oggi, abbiamo la possibilità di riscoprire il nostro tempo, di rallentare, di riprendere abitudini che avevamo abbandonato all’insegna del “devo farlo e di corsa”, insomma di guardare il quotidiano con occhi diversi e un pizzico di magia.

Siete pronti?

Alcuni dei nostri esercizi sono tratti dal libro “L’arte di vedere le cose intorno a noi” di Rob Walker, un libro delicato e semplice, che sembra rispondere nel modo giusto al momento di difficoltà che stiamo vivendo. Ma ora… che l’esercitazione abbia inizio.

Esercizio 1: Scrivete una lettera (e speditela!)
Difficoltà: facile

Quale migliore esercizio per tornare ad apprezzare la lentezza? Scrivere una lettera ci permette di concederci tempo. Che scriviate ad un vostro caro amico, o al vostro peggiore nemico, scrivere una lettera vi farà per certo trovare le parole giuste e conoscervi di più. Perché una lettera ci aspetta e ci accoglie, una lettera ci insegna a portare pazienza.

Potreste anche iniziare a scriverla oggi e concluderla tra un mese. Il punto è un altro: il tempo acquisirà un significato nuovo.

Esercizio 2: Crea il tuo angolo lettura
Difficoltà: facile (alta per i perfezionisti)

Non tutti hanno il proprio angolo lettura in casa o hanno avuto il tempo di crearselo. Oggi è arrivato quel momento. Un angolo lettura non necessita obbligatoriamente di una poltrona o di uno spazio nuovo: ogni spazio della casa è potenzialmente un angolo lettura, ciò che conta è che voi lo decretiate tale.

Le caratteristiche essenziali di un angolo lettura sono tre: comodità, luce e una buona dose di silenzio.

Esercizio 3. Il cineforum a distanza!
Difficoltà: media

Netflix, Amazon Prime, Infinity tv, sono solo alcune delle piattaforme streaming con a disposizione mesi di prova gratuiti… ma che ne dite di qualcosa di più ricercato? La cineteca di Milano tramite una semplice registrazione, ci mette a disposizione il suo catalogo: oltre 500 titoli che hanno fatto la storia del cinema, antichi (talvolta restaurati!) e dei giorni nostri, sconosciuti e famosissimi con l’aggiunta di nuove proposte ogni settimana.

Questo è link per registrarvi.

(Ennesimo gruppo su whatsup con gli amici e che il cineforum abbia inizio!)

Esercizio 4. Guardate fuori dalla finestra
Difficoltà: facile

Rob Walker scrive “Dedicate dieci minuti a guardar fuori da una finestra che di solito ignorate”. Quindi… scegliete una finestra: non c’è controllo su quel che vedete e anche le cose più noiose, potrebbero diventare divertenti. Perché? Perché la vostra mente vi racconterà una storia, iniziate osservando tre cose che da quella finestra non avevate mai notato. Provare per credere!

Esercizio 5. Riordinate armadi, soffitte, mobiletti che un tempo sono stati chiusi e mai più riaperti
Difficoltà: alta

A volte la gioia della scoperta è dove non avremmo mai pensato: in casa nostra. Potreste ritrovare quella felpa che pensavate di aver perso, o un oggetto antico che apparteneva ai vostri nonni, o anche solo la soddisfazione di vedere i vostri abiti riordinati per colore. Importante da ricordare: fate pure con calma.

Esercizio 6. Viaggio virtuale all’insegna dell’arte
Difficoltà: media

Munendovi di una valida conoscenza delle opere che andrete a osservare, potreste mettervi comodi e scegliere il museo che fa per voi: dalla Pinacoteca di Brera al Metropolitam Museum di New York, arricchitevi con un po’ di storia dell’arte. Ecco alcuni link utili!

Esercizio 7. Telefonate a chi volete bene ma è lontano
Difficoltà: alta 

Siamo così abituati a scrivere messaggi per ogni cosa, che abbiamo dimenticato che la voce di una persona fa parte del nostro patrimonio umano e sociale. Telefonate a qualcuno e ricordate l’importanza di sentire la sua voce.

Esercizio 8. State con i vostri piccoli (o grandi)
Difficoltà: media

Le scuole chiuse sono l’opportunità, per chi ha figli, di dedicare loro del tempo senza che sia necessario fare grandi cose. State con loro, aiutateli con i compiti, giocate, parlate, date consigli. È una possibilità di essere più forti, insieme.

Esercizio 9. Rendete la vostra doccia o il vostro bagno quotidiano un appuntamento romantico
Difficoltà: media

Fissate l’orario in cui accadrà, selezionate la vostra playlist e predisponete il vostro bagno per accogliervi. La doccia è un luogo sacro in cui poter pensare, ascoltare voi stessi e qualora dobbiate farlo, anche prendere decisioni. Fare la doccia può essere un modo per meditare, per questo è un appuntamento che va valorizzato. 

Esercizio 10. Praticate il silenzio digitale
Difficoltà: alta (altissima)

Se siamo molto distratti lo dobbiamo anche agli smartphone e ai social network: ci interrompono, ci tengono legati a loro (tanto da dover monitorare cosa succede continuamente) e ci inducono a dover sempre dire qualcosa su tutto. Ma siamo davvero sicuri che sia necessario esprimere sempre la nostra opinione? Mettiamo in silenzioso la nostra routine social. Guardare cosa viene postato dagli altri è concesso, ma provate per un po’ a non dire nulla: forse emergerà solo l’essenziale.

Ed infine, un promemoria per tutti: restare in casa è semplice e questi piccoli esercizi, lo dimostrano… ritorneremo ad uscire e sarà meraviglioso.

Forse torneremo anche a riapprezzare la semplicità e i viaggi consapevoli, quelli che vanno oltre la bellezza fine a sé stessa: come Maison du Tatà ci prepareremo per accogliervi come abbiamo sempre fatto.

Ma ora, abbiamo l’occasione di tornare a riapprezzare la normalità della vita e la bellezza di rallentare, facciamone tesoro.

Augusta Praetoria: il passato romano della città di Aosta

A cosa penseresti se ti dicessimo che esiste una città italiana che in poche centinaia di metri racchiude un sacco di resti romani?

Penseresti subito a Roma, non è vero?

Eppure non è di Roma che stiamo parlando.

Stiamo parlando di Augusta Prætoria, la seconda città italiana con il maggior numero di resti romani ancora visibili.

Oggi si chiama Aosta, ed è anche conosciuta come la Roma delle Alpi.

Ma partiamo dall’inizio.

La città di Aosta

La città di Aosta ha una storia antica, simile a quella di molte altre città italiane. Una storia fatta di invasioni e conquiste, e plasmata dai numerosi cambiamenti sociali, culturali e religiosi avvenuti nel corso dei secoli.

Recenti scoperte archeologiche e accurati restauri hanno riportato alla luce notevoli tracce del suo importante passato. Le testimonianze artistiche dei secoli scorsi sono disseminate su tutto il territorio valdostano, ma è proprio Aosta a custodire il maggior numero di resti.

Ripercorriamo insieme la storia di questa antica città, approfondendo le caratteristiche dei resti di epoca romana e pre-romana meglio conservati.

Età preromana e rovine megalitiche

Si racconta che i Romani fondarono Aosta sulle rovine di Cordelia, città leggendaria fondata nel 1158 a.C. da Cordelio, capostipite dei Salassi. Ma le recenti scoperte archeologiche mostrano che la tribù dei Salassi non fu la prima ad abitare il territorio.

Nel 1969, durante i lavori per l’edificazione di alcuni condomini a Saint-Martin-de-Corléans, venne infatti scoperta un’area ricca di testimonianze monumentali megalitiche. A soli 6 metri di profondità vennero ritrovati pozzi rituali, allineamenti di pali lignei, stele antropomorfe, sepolture e aratura cultuali. Circa cinque millenni di storia racchiusi in poco più di un ettaro: non una semplice necropoli, ma una vera e propria area sacra destinata al culto e alla sepoltura.

I successivi studi hanno permesso di ricostruire con più precisione la storia di questo luogo dal Neolitico ai giorni nostri, passando per l’Età del Rame e l’Età del Bronzo. Nato come un santuario destinato al culto dei viventi, diventa una necropoli solo verso gli ultimi secoli del III millennio a.C., ospitando tombe e funzioni funerarie. I primi veri esempi megalitismo e statuaria preistorica in quest’area si hanno intorno agli inizi del III millennio a.C., con l’allineamento di pali totemici e stele antropomorfe.

Il museo archeologico

Nel 2016 l’area megalitica di Saint-Martin-de-Corléans è diventata un museo, fortemente voluto dalla Regione allo scopo di conservare in sito le preziose testimonianze scoperte 47 anni prima.

Il tour alla scoperta della storia preromana di Aosta inizia all’interno del museo, lungo un percorso costellato di immagini e pannelli esplicativi della storia umana. Si prosegue quindi percorrendo delle passerelle che portano al sito archeologico vero e proprio, a circa 6 metri sotto il livello stradale. Qui è possibile osservare il complesso monumentale in tutto il suo splendore, prestando attenzione alla modulazione della luminosità che muta gradatamente nelle diverse ore del giorno.

L’itinerario si suddivide in sei sezioni, che rispecchiano la periodizzazione del sito: dalle arature ai pozzi, passando per gli allineamenti di pali e stele, e giungendo infine alle tombe. Pannelli e altri strumenti multimediali forniscono spiegazioni e approfondimenti lungo tutto il percorso.

Saint Martin de Corléans Aosta museo archeologico
Alcuni dei resti custoditi all’interno del museo archeologico di Saint Martin de Corléans

Età romana e resti romani

Nel 25 a.C. i Romani fondarono la città di Augusta Praetoria – oggi Aosta – nei pressi della confluenza del torrente Buthier col fiume Dora e all’incrocio delle due vie del Grande e Piccolo San Bernardo. Decisero inoltre di fortificare la città: all’interno delle mura si trovavano i quartieri residenziali e le zone di interesse pubblico, all’esterno i quartieri popolari.

La città divenne presto uno dei centri urbani più ricchi e popolati dell’Italia Settentrionale, anche per la grande importanza strategica e militare che rivestiva grazie alla sua posizione di controllo sul territorio circostante. Come accadde in molte altre città italiane, l’impianto urbanistico ortogonale realizzato dai Romani venne mantenuto per lungo tempo ed è tuttora riconoscibile.

Scopriamo quindi quali sono i principali resti romani visibili ancora oggi nella città di Aosta.

La Porta Pretoria

La Porta Pretoria è la porta di ingresso orientale della città, costruita nel 25 a.C. insieme al resto delle mura. È costituita da blocchi di pietra fissati con ardesia frantumata estratta direttamente dal fondale della Dora Baltea, che ne era particolarmente ricca in epoca romana.

Con il tempo sono andati perduti i cancelli levatoi che chiudevano i varchi orientali della porta, mentre si trovano tuttora in ottimo stato di conservazione le due serie di archi. Uno, quello centrale, destinato al passaggio dei carri mentre gli altri due, laterali, al passaggio dei pedoni. Che la Porta Pretoria fosse un eccellente punto di osservazione e controllo sul territorio lo si capisce dalla presenza di camminatoi per le sentinelle e di due torri difensive, entrambe rimaneggiate nel corso del tempo.

Ben conservate sono anche le altre porte romane della città: la Porta Decumana (ingresso occidentale), la Porta Principalis Sinistra (ingresso settentrionale) e la Porta Principalis Dextera (ingresso meridionale). Per quanto riguarda invece la cinta muraria, essa è stata in parte inglobata in altri edifici, ma resta tuttora percorribile per circa 3 chilometri.

Porta Praetoria Aosta
I due archi principali della Porta Praetoria

L’arco di Augusto

Poco distante dalla Porta Pretroria, venne costruito anche questo nel 25 a.C., in blocchi di conglomerato e con volte a botta. Realizzato originariamente in più stili, con elementi dorici e corinzi, nel corso del tempo venne adibito a diverse funzioni fino ad acquisire l’aspetto attuale, frutto dell’ultimo restauro del 1912.

Arco di Augusto Aosta
L’iconico Arco di Augusto, uno dei simboli della città

Il teatro romano e l’anfiteatro romano

Si trovavano entrambi all’interno delle mura e, dato il rinvenimento di resti di costruzioni preesistenti, è probabile che siano stati entrambi costruiti circa 2-3 decenni dopo la fondazione della città.

Il teatro, le cui gradinate potevano ospitare fino a 4.000 spettatori, funge ora da sfondo a concerti, spettacoli e mercatini. L’anfiteatro aveva invece dimensioni molto maggiori e poteva ospitare fino a 15.000 spettatori. Durante il Medioevo venne impiegato dapprima come cava di materiale, quindi trasformato in un convento tuttora presente.

Teatro romano di Aosta
Una suggestiva panoramica del Teatro romano

Il Ponte di Pietra

Composto da un’ampia volta e largo circa 6 metri, è senza dubbio uno dei monumenti più iconici e conosciuti della città di Aosta. Situato a pochi metri dall’arco di Augusto e costruito nel 25 a.C. insieme al resto della città, consentiva il passaggio da una sponda all’altra del fiume Buthier.

Nel corso dei secoli, il fiume Buthier cambiò corso e anche il canale che iniziò a scorrervi sotto si prosciugò, facendo perdere al ponte ogni sua funzione.

Ponte romano sul Buthier Aosta
Il Ponte romano sul Buthier

Il criptoportico forense

È forse il monumento di epoca romana più suggestivo dell’intera città. Costituito da una galleria a due navate sostenute da archi, aveva un importante ruolo strutturale in quanto serviva per livellare il terreno dell’area sacra della città. Non si sa se avesse anche un ruolo funzionale, ma è stato ipotizzato che potesse fungere da deambulatorio o da deposito militare.

Criptoportico Forense Aosta
Il Criptoportico forense

L’area funeraria fuori Porta Decumana

La necropoli distava circa 200 metri dalla Porta Decumana e, come previsto dal diritto romano, venne costruita al di fuori delle mura della città.

La straordinaria importanza di questo sito archeologico risiede nel fatto che grazie a esso è stato possibile approfondire i diversi tipi di sepoltura dell’epoca. Nella necropoli sono infatti visibili le modalità di sepoltura a pozzetto, a cappuccina, a piccola camera e a inumazione.

Area funeraria fuori Porta Decumana Aosta
L’area funeraria fuori Porta Decumana

Ti è piaciuto questo viaggio virtuale alla scoperta del passato romano di Aosta?

Ti abbiamo convinto a visitarla?

Oppure l’hai già visitata in passato?

Lascia un commento e facci sapere cosa ne pensi! 😉

Maison du Tatà: una storia di ospitalità

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Cosa ci direste se vi chiedessimo di descrivere cos’è per voi Maison du Tatà?

Forse soltanto una struttura in cui trascorrere qualche giorno di relax lontano dalla routine e dal caos cittadino.

Oppure – come ci auguriamo – un ambiente familiare e accogliente, una seconda casa pervasa da un autentico calore umano. Per noi che da generazioni abitiamo questa valle, Maison du Tatà è tutto questo e molto altro ancora.

È un pezzo della nostra vita, e una parte essenziale della storia della nostra famiglia.

Una passione secolare

Quelli che ora sono appartamenti moderni e dotati di ogni comfort, un tempo erano le semplici stanze della casa padronale e della vicina dépendance. Stanze che ancora oggi custodiscono gelosamente le storie, le passioni e il duro lavoro delle persone che le hanno abitate.

Rododendro ospita le radici della nostra famiglia. Situato nella casa padronale, ha visto nascere tre generazioni: il bisnonno Francesco, nonno Mario e papà Tarcisio.

Ranuncolo è il ricordo di profumi inebrianti. È la stanza in cui venivano essiccate le piante officinali che la nonna raccoglieva con cura e amore per preparare infusi dagli effetti benefici.

Fiordaliso è custode di una lunga storia. È la dolce memoria della bisnonna Elodie, che con i suoi capelli argentati e il suo cuore d’oro abitava questa stanza negli anni Trenta. È il ricordo dell’orticello che coltivava con le sue mani proprio di fronte all’appartamento. È il profumo del caffè turco che teneva sempre pronto su una meravigliosa stufa a legna. Ma è anche la vecchia sede del bazar aperto da nonno Mario e nonna Rosetta negli anni Cinquanta, e del negozio di articoli sportivi Centro Sci Cervino gestito da papà Tarcisio e mamma Rosanna negli anni Settanta. Noi – la quarta generazione – siamo cresciute scorrazzando tra gli stand dei capi di abbigliamento: abbiamo ereditato sogni e speranze, e respirato un patrimonio inesauribile di affetto.

Poi c’è Stella Alpina che, come uno scrigno, custodisce nostalgici ricordi d’infanzia. Come quello del grande abete Douglas, che si trovava all’ingresso dell’appartamento prima della ristrutturazione degli anni Ottanta. Da bambine, sotto i suoi rami costruimmo il nostro rifugio: un luogo magico di ritrovo dove scambiavamo amicizia con i bambini nostri ospiti.

Ospitalità tramandata di generazione in generazione

È con Genzianella e Bucaneve che ebbe inizio la nostra storia di ospitalità.

È infatti nell’appartamento Genzianella che, nei primi del Novecento, il bisnonno Francesco ospitò le sarte di Casa Savoia e i primi turisti della Valtournenche, offrendo un servizio di affittacamere con il bagno sul ballatoio. Ed è proprio Bucaneve la prima stanza che nonno Mario riadattò come appartamento per vacanze negli anni Cinquanta. Al suo interno si trovano ancora la cassettiera e l’armadio appartenuti ai nostri bisnonni paterni.

Negli anni Ottanta, papà Tarcisio e mamma Rosanna ristrutturano completamente casa e dépendance, dando origine alla moderna struttura tuttora in uso.

A non essere cambiati in tutti questi anni sono la cura dell’ospite, la passione e l’orgoglio con cui mettiamo questi spazi a disposizione di amici e turisti.

Marchio registrato: uno sguardo al futuro

Il nostro progetto rappresenta la sintesi fra passato e futuro: abbiamo raccolto l’eredità di papà Tarcisio e mamma Rosanna, e abbiamo deciso di conferirgli un’identità precisa affinché possa divenire un riferimento riconoscibile quando si parla di accoglienza in Valle d’Aosta. Maison du Tatà è finalmente un marchio registrato e depositato, sinonimo di dedizione e amore per questa terra, ma soprattutto attenzione verso i nostri ospiti, per far sì il tempo che trascorrono da noi sia semplicemente indimenticabile.

Abbiamo così coronato oltre mezzo secolo di lavoro, consapevoli che non si tratta di un punto di arrivo, ma dell’inizio di un nuovo percorso da vivere insieme.

Perché l’ospitalità è una tradizione di famiglia, e farvi sentire a casa è il miglior modo per onorarla.

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Le leggende della Valle d’Aosta tra mito e realtà

La Valle d’Aosta ha una storia antica, legata dapprima alle vicissitudini di diversi popoli europei, poi alla dinastia sabauda e infine al Regno e alla Repubblica d’Italia.

Una storia fatta da persone profondamente legate alla propria terra e agli splendidi paesaggi di montagna.

Una storia fatta di resilienza e di tradizioni sopravvissute ai numerosi mutamenti socio-politici.

Un patrimonio plasmato nel corso dei secoli dai cambiamenti linguistici, dal rinnovamento delle tecniche agricole e artigianali, e dall’evoluzione del folklore locale – musiche, balli, rievocazioni e leggende.

Queste ultime in particolare ricoprono un ruolo fondamentale all’interno di qualsiasi comunità: quello di creare legami tra individui e territorio abbastanza forti da garantire la trasmissione del bagaglio culturale da una generazione all’altra.

Le leggende della Valle d’Aosta: tematiche e protagonisti

Per vivere autenticamente un territorio come la Valle d’Aosta è necessario conoscerne anche i racconti e le suggestioni popolari.

Le leggende valdostane sono popolate da dei, eroi e santi quali figure generalmente positive e da streghe, fantasmi e demoni quali figure generalmente negative. Non mancano poi figure mitologiche e fantastiche come giganti, fate, maghi, folletti e animali di vario genere. Molte di queste leggende fanno parte della cultura di vallate ristrette, mentre altre sono diffuse su tutto il territorio regionale seppur con sfumature diverse.

Divinità, demoni, santi e figure mitologiche

Divinità, demoni e figure mitologiche sono spesso protagonisti di narrazioni sull’origine di montagne, laghi e altri elementi del paesaggio valdostano. Appartengono a questo filone la leggenda del Ghiacciaio del Lys e diverse leggende legate alla nascita del Monte Bianco, tra cui quella del Dente del Gigante.

I santi compaiono invece in racconti derivanti dalla tradizione cristiana. San Martino, Sant’Orso, Sant’Anselmo e San Bernardo vengono celebrati per le intercessioni con Dio e i piccoli miracoli compiuti.

Numerose leggende originano dall’incontro-scontro tra il bene e il male e vedono quindi diverse delle figure già menzionate come co-protagoniste. È ad esempio il caso della leggenda del Pont Saint Martin e della leggenda dei Diavoli della Val Veny.

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Il Dente del Gigante Gargantua, una delle vette più note del Monte Bianco

Streghe e fantasmi

Immancabili le streghe, protagoniste di storie fantastiche che hanno però come base comune la realtà degli episodi di Inquisizione nella regione.

I fantasmi figurano invece nei racconti popolari più recenti, nati probabilmente nel periodo gotico. Abitanti dei Castelli del territorio, queste presenze rievocano storie di processi, esecuzioni e omicidi. Le leggende di fantasmi più famose sono quelle legate al Castello di Quart, al Castello di Saint Marcel e al Castello di Issogne.

Personaggi storici e persone comuni

Diverse narrazioni sono legate a personaggi storici realmente esistiti – come quella sul Passaggio di Bonaparte – mentre altre hanno per protagonisti persone comuni che subiscono punizioni in risposta alla loro arroganza o disobbedienza. Tra le numerose narrazioni a carattere formativo e ammonitorio, le più conosciute sono probabilmente quella del Tesoro di Graines e quella sull’origine del Lago Blu.

Quante di queste storie conoscevi?

Ti piacerebbe saperne di più?

Approfondiamo insieme alcune delle leggende più conosciute nella Valtournenche!

La leggenda della Dama Bianca

Le sfilate di carnevale a Cervinia-Breuil rappresentano una tradizione che si ripete ogni anno tra mostre, concerti e rievocazioni in costume. L’evento mette in scena la cosiddetta Leggenda della Dama Bianca. Questa storia narra di una bellissima fanciulla che venne rapita e nascosta tra le montagne dal gigante Gargantua, che si era infatuato di lei. Venuti a sapere della sorte della ragazza, tutti gli abitanti della Valle si misero in moto per cercarla e riportarla a casa. Colpito da una così forte e solidale mobilitazione, il gigante decise di liberare la ragazza per restituirla all’affetto dei suoi compaesani.

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La maschera della Dama Bianca al Carnevale di Cervinia-Breuil

La leggenda del Giorno di Sant’Orso

Se féit solèi lo dzor de Sen t-Ors, l’iver dure incò quarenta dzor. (Se fa bello il giorno di Sant’Orso, l’inverno dura ancora quaranta giorni).

Questo è il famoso detto dedicato al santo valdostano, uomo umile e prodigioso a cui vengono attribuiti numerosi miracoli e invocazioni per prevenire le inondazioni e le malattie del bestiame, ma anche i reumatismi e i mal di schiena. Appassionato coltivatore, si dice che dividesse i frutti del suo orto in tre parti: una per sé, una per i poveri e una per gli uccellini. Da qui la celebre raffigurazione con un uccellino appoggiato sulla spalla. Morì il 1° febbraio di un anno imprecisato (probabilmente il 529 d.C.).

Il detto popolare nasce dall’abitudine, comune a moltissime popolazioni, di prevedere i cambiamenti del tempo attraverso la lettura del comportamento della natura. Un’altra variante del detto mostra come i valdostani interpretassero il comportamento degli orsi per prevedere il tempo tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera:

Se feit cllier lo dzor de sèn-t-Or, l’or baille lo tor et dor euncò pe quarenta dzor. (Se il giorno di Sant’Orso il tempo fa bello, l’orso gira il suo pagliericcio – per farlo asciugare – e dorme ancora per 40 giorni).

La bontà di Sant’Orso viene celebrata ogni anno ad Aosta, il 30 e 31 gennaio, durante l’omonima Fiera di Sant’Orso.

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Statuette artigianali alla Fiera di Sant’Orso. Si noti la raffigurazione del Santo con l’uccellino appoggiato sulla spalla (in basso a sinistra)

La leggenda del Dahu

Il dahu è un animale leggendario presente nel folklore di molte popolazioni montane europee. Viene chiamato con nomi diversi – dahu, dahut, darou ma anche Haggis selvatico in Scozia o Skvader in Svezia – ma presenta caratteristiche comuni. Secondo la leggenda, la peculiarità di questo mammifero consiste nella conformazione delle sue zampe: quelle di destra sono più lunghe di quelle di sinistra (o viceversa). Questo consente al dahu di adattarsi meglio ai ripidi pendii di montagna. Allo stesso tempo però, tale aspetto costringe il dahu a girare sempre attorno alla montagna nello stesso verso, pena la perdita dell’equilibrio e quindi la morte.

La leggenda vuole che catturare questo animale fosse estremamente semplice: sarebbe bastato avvistarlo e urlare alle sue spalle “dahu!”. A quel punto l’animale, curioso di natura, si sarebbe girato e, trovandosi improvvisamente con le zampe più corte sul lato a valle, sarebbe precipitato. Famosa è la teoria secondo cui l’avvento del turismo di massa e i sempre più frequenti incontri con l’uomo avrebbero portato alla rapida estinzione del dahu.

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Un dahu con le zampe di sinistra più corte

La leggenda del Lago Blu

Dietro questo splendido specchio di acqua limpida dal colore blu (di cui avevamo già parlato qui) si nasconde una leggenda piuttosto malinconica.

Si narra che molto tempo fa, sulla terra ora occupata dal lago, si trovasse una casetta abitata da una famiglia di pastori. In una sera fredda e piovosa, un viandante stanco e affamato bussò alla porta in cerca di cibo e di un riparo per la notte. Ma i proprietari di casa, egoisti e crudeli, gli negarono qualsiasi aiuto costringendo il figlio piccolo ad assistere alla triste scena. Questi, dall’animo sensibile, offrì la sua scodella di latte al viandante, ma la madre gliela strappò di mano per sostituirla con una scodella di acqua sporca.

Il viandante, umiliato, decise così di allontanarsi lanciando una maledizione sulla quella casa. Il bimbo venne invece punito dai genitori e costretto a raccogliere la legna del bosco per tutta la notte. Il piccolo era terrorizzato al pensiero degli animali feroci che avrebbe potuto incontrare, ma iniziò presto a tranquillizzarsi notando che questi lo fissavano con uno sguardo quasi compassionevole.

Raccolta una discreta quantità di legno, il bimbo si riavviò sulla strada di casa, ma giunto sul punto esatto dove si trovava la sua casa non trovò altro che uno specchio d’acqua. Il piccolo pianse molto la morte dei suoi cari, ma capì in cuor suo che il tremendo castigo era stato più che meritato. A quanto pare la punizione diede i suoi frutti: i discendenti del pastorello, che ben conoscevano la storia, promisero di mostrarsi sempre cortesi e ospitali con chi avesse bussato alla loro porta in cerca di aiuto.

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Il Lago Blu, sul cui fondo si possono scorgere grandi legni che si dice siano proprio i resti della casa inghiottita

La leggenda della Stella Alpina

Non potevamo non concludere questa mini-raccolta di leggende con la storia dedicata al fiore montano per eccellenza: la stella alpina.

Si narra che la stella alpina fosse in origine una splendida fanciulla. Pur corteggiata da moltissimi cavalieri, ella non trovò mai il vero amore e morì sola. Dopo la sua morte il suo corpo venne portato sulla cima più alta delle Alpi, dove per magia si trasformò in un fiore candido destinato a popolare luoghi lontani e quasi inaccessibili.

Il nome tedesco della stella alpina è edelweiss (“nobile bianco”) e per i popoli di lingua tedesca cogliere l’edelweiss significa proprio “riuscire ad ottenere il più nobile onore che un uomo possa conquistare”.

La stella alpina è molto resistente e anche piuttosto facile da coltivare, ma è una specie protetta e in quanto tale non può essere raccolta!

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Una stella alpina

Ed eccoci arrivati alla fine di questo articolo sulle leggende più conosciute della Valtournenche (puoi approfondire l’argomento qui).

Ne conosci altre? Scrivicele qui sotto!